Chi immagina più forte genera la realtà. Chi vincerà la guerra dell'immaginazione?

Cavallerizza reale is an enormous complex of abandoned buildings (Unesco world heritage) right in the center of Torino, between the royal residence and the central police station. In 2014 it was occupied by a group of artists, squatters and outsiders. Art is their survival weapon but the outside world is crashing in.
War of imagination
Scritto e diretto da Simone Rosset e Irene Dorigotti
80' Documentary 
Production Stage: Developpement
Funded by Piemonte film Commission 
Sono capitato in Cavallerizza per caso, avevo vissuto quattro anni in Francia, due dei quali sul cucuzzolo di una montagna delle alpi marittime facendo il pastore. Al ritorno a Torino ero disorientato, facevo delle camminate lunghissime sotto i portici e un giorno mi è capitato di svoltare dentro un arco di via Verdi. Al centro della piazzetta su cui incombono tutt’attorno una miriade di finestre c’era un ragazzo belga che stava urlando una poesia in francese. Mi sono fermato a guardarlo. Accompagnava le parole con una specie di balletto sgraziato, e infuriato gridava “LES ASSIS! LES ASSIS!”. Il tutto era piuttosto comico anche perché non c’era nessuno a vedere la performance e il ragazzo era vestito come un hooligan ma scalzo. Si chiamava Oscar, mi ha detto che stava organizzando un corso di teatro in quel posto, sarebbe venuto anche "il grande Mamadou Dioume, che aveva lavorato con Peter Brook". Poi ha chiesto se volevo accompagnarlo a prendere una birra.
Nelle prime settimane ho soprattutto esplorato il luogo. La struttura aveva un fascino archeologico, era come se un relitto di galeone si fosse incagliato nel centro di Torino e nessuno se ne fosse accorto. Girare per i cunicoli e i passaggi dava la sensazione a chi vi si avventurava di essere il primo esploratore dopo secoli; capitava di incrociare qualcuno ma il luogo permetteva di perdersi. Inoltre era inverno e non c’era quasi nessuno in giro. Era come uno di quei sogni in cui scopri che a casa tua c’è una stanza in più, di cui non avevi mai saputo l’esistenza. Cavallerizza era come una stanza in più nella città.
Ho cominciato così a scrivere dei soggetti a partire dal materiale che raccoglievo nelle mie esplorazioni. In particolare mi affascinava il discorso dei cavalli che avevano abitato quel posto molto prima di noi. Volevo fare un film-poesia in cui i cavalli tornassero a prendersi quello che era loro. Infatti fin dal primo soggetto di War of Imagination che ho scritto per il bando della Piemonte film commission,  l'ho fatto terminare con le sagome nere dei cavalli immerse nella nebbia del parco invernale.
Ho iniziato a annotare su dei quaderni un diario visivo delle persone e dei fatti che più accendevano la mia fantasia. La circolazione sanguigna di Cavallerizza infatti accostava vecchie signore che cucinavano torte e facevano piccoli quadretti con le tempere a ex-galeotti amanti dei viaggi lisergici, avvocati dei diritti civili e hipster della scuola Holden, senza tetto e nipoti di industriali dediti alle beaux arts e all'alcolismo. 
Questa centrifuga di persone, ideali, fatica e utopie produceva mostre d'arte, spettacoli teatrali, concerti, rassegne, laboratori. Tutto era come in bilico, un grandioso “terzo paesaggio”: un luogo cioè che non esprime né il potere né la sottomissione al potere. Il suo valore non sta nella bellezza e nella rarità delle piante che vi crescono, come potrebbe essere un giardino botanico; la sua bellezza sta nel fatto che nessuno abbia deciso che piante dovessero crescere lì.
A volte mi veniva il dubbio se la gallina che zampetta dentro una stanza, un dipinto fatto di peli umani, un collettivo di donne divorziate che evira le statue fosse arte o un delirio collettivo; ma a dire il vero proprio l’aspetto delirante e disordinato, la fantasia della confusione, mi ispirava più di ogni altra cosa. 
Da questo clima di assurdità e fermento mi è venuto in mente di creare i tableaux vivants, dei “quadri filmici” surreali in bilico tra un carnevale futurista e una battaglia napoleonica, tra Barry Lindon e le immagini del g8 di Genova, tra l’epica e la parodia; che restituiscano in forma plastica la confusa forza vitale e di bellicosità creativa  di quello slancio. 

Schizzo per Tableaux vivants. I quali verranno realizzati filmando persone reali che compongono le immagini della guerra. Un riferimento sono i dipinti religiosi messi in scena da Pasolini nella Ricotta. La rievocazione fotografica dei paesaggi di Lorrain e Poussin, delle atmosfere di Olivieri e Bergainge, Longi e Granieri saranno grattuggiate attraverso l'enfasi futurista.

Ho incontrato Irene mentre filmava una performance e le ho chiesto se mi faceva provare la blackmagic pocket che stava usando, perché ne stavo per prendere una uguale, così abbiamo fatto conoscenza. Anche lei voleva raccontare quel luogo, mi ha parlato di una sua idea relativa alle differenti specie umane che abitano cavallerizza come fossero razze del Signore degli anelli. Così parlando siamo diventati amici, abbiamo cominciato a scrivere, disegnare, prendere appunti, filmare e montare: insomma abbiamo cominciato a lavorare insieme, su questo e su altri progetti. ​​​​​​​
In particolare entrambi eravamo affascinati dal fatto che quel luogo fosse un’immensa scenografia, che in qualche modo concentrava e trasfigurava i personaggi che la attraversavano.
Ho fatto le mie prime riprese in Cavallerizza nel 2017, non avevo ancora in mente chiaramente che forma avrebbe potuto prendere quel racconto, quello che però era evidente era come fossero evocativi quei luoghi e quello che accadeva. Tutto sembrava rimandare a qualcosa d'altro.
L’ultima volta che ho filmato è stato quando stavano per murarne le porte dopo lo sgombero. Il maneggio era coperto da una schiuma bianca spessa diverse decine di centimetri, sembrava ci avesse nevicato dentro; Sergiu l’apicoltore (uno dei protagonisti del film) camminava lasciando tracce nella neve chimica e mi stava raccontando come funziona la sciamatura delle api: “Dovremmo imparare da loro (le api)… dopo aver costruito una città, proprio quando va per il meglio abbandonano tutto, lasciano le loro case, tutto quello che hanno costruito e vanno a cercare qualcos’altro”. 
Il film sarà costruito su un eco tra il reale e l’immaginario, in modo che le immagini reali del luogo si intreccino a quelle di creazione. Per restituire questo gioco di riflessi, questo aspetto di immensa scenografia al centro della città ho pensato di far creare un modellino in scala di Cavallerizza. Così vedremo la nevicata nel teatro in cui Sergiu cammina e vedremo anche la piccola Cavallerizza di legno e carta andare in fumo.
Il tutto infatti è finito effettivamente nella nebbia, ma senza cavalli, almeno per quel che riguarda la cruda realtà. La mattina quando stavo sul tetto dell’auditorium rai con i pompieri, ad un tratto hanno acceso tutti gli idranti contemporaneamente. Si è alzata una nebbia spessissima, non si vedeva più nulla. Qualcuno aveva incendiato Cavallerizza nella notte. Vedevo le ombre dei pompieri e il palazzo scomparire.
Il film è il modo per restituire in forma di racconto quell’istante di disordine creativo, delirante e libero, sospeso tra bellezza e sfacelo e nel seguirne la caduta porsi la domanda di qual è il potere dell’arte e il suo limite, che sono temi che anche se non in modo esplicito, viviamo sulla nostra pelle tutti i giorni.



Back to Top